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Infomatica:una nuova frontiera

 

Informatica: una nuova frontiera

La rivoluzione informatica si è affermata nel nostro mondo in maniera subdola e insinuante, senza cioè che fossimo in grado di apprezzare in pieno le implicazioni, spesso sensazionali, che con essa si immettevano nella vita di tutti i giorni.

Almeno all'inizio è stato così. Poi la rivoluzione informatica si è radicata in maniera sempre più consistente, e lo scenario nel quale viviamo è cambiato. In particolare, l'ambiente esterno alle imprese e alle istituzioni organizzative oggi appare caratterizzato da una intricata sovrapposizione di reti, di cui Internet costituisce lo strumento più significativo per la concreta globalizzazione del mondo.

Joël de Rosnay, scienziato e filosofo francese, già negli anni '70 scrisse un libro (in Italia pubblicato nel 1978 dalle edizioni Dedalo di Bari) dal titolo significativo: Il macroscopio. Verso una visione globale, una visione che più recentemente lo stesso autore conferma, nelle sue tendenze di unificazione della natura e della società, in un nuovo libro che intitola L'uomo, Gaia e il cibionte (sempre per Dedalo, Bari, 1997). In queste nuove pagine introduce il concetto di "cibionte" -- insieme di cibernetica e biologia -- immaginando un macrorganismo globale, un ibrido di natura biologica di reti informatiche e di comunicazione ancora in fase di formazione. Così, il mondo e gli individui vengono pian piano avvolti e coinvolti in un sistema reticolare che organizza il tutto in una sorta di macrocellula, un ecosistema planetario in grado di rendere ciascun soggetto assolutamente interdipendente con tutte le altre individualità.

L'individuo stesso sta trasformandosi in un essere "simbiotico", sintesi di una componente biologica e di tecnologie informatiche, in realtà poco diverso fisicamente e mentalmente dall'uomo del XX secolo, ma dotato di straordinari mezzi di conoscenza e di operatività proprio grazie alle sue connessioni realizzate attraverso le reti di comunicazione che stanno globalizzando il pianeta al punto da renderlo "cibionte".

La situazione evolve così anche nell'organizzazione delle singole istituzioni.
Oggi, l'impresa può essere definita una struttura reticolare di macchine informatizzate -- hardware, cioè computer e tecnologie a essi assimilabili -- in costante interazione con una rete di individui che le guidano facendo uso di software facilmente modificabili e quindi capaci di conferire ai sistemi produttivi una grande flessibilità.

Affinché, nelle istituzioni, gli individui possano guidare le macchine high tech, occorre che siano dotati di ampia conoscenza che si trasforma in vera e propria cultura. Ciò li rende knowledge worker, ovvero "lavoratori della conoscenza", che di essa devono far largo uso nei processi decisionali necessari per poter operare sulle macchine.
Si è dunque anche in presenza di una sostanziale evoluzione dell'organizzazione del lavoro, che ha così superato il "taylorismo fordismo", assicurando a ogni individuo un'autonomia decisionale rispetto alle modalità operative dei singoli processi.

Ciò avviene in particolare nell'ambito delle fabbriche, grazie alla presenza sempre più massiccia di computer-robot in grado di assicurare, con grande efficienza, l'esecuzione di tutti i lavori parcellizzati e ripetitivi, sottratti così alle incombenze dell'essere umano.
Nelle imprese si delinea pertanto un nuovo soggetto operativo, costituito da una "strana coppia" di personalità indissolubilmente legate fra loro, espressione della simbiosi fra individuo e computer. Si è dunque in presenza di un processo di costruzione di una nuova identità in grado di esprimere una personalità simbiotica, una sintesi dei comportamenti della macchina e dell'essere umano.
Così, gli oggetti della tecnologia informatica cessano di essere attrezzi-protesi destinati a facilitare e amplificare l'abilità manuale del soggetto che li usa senza in nessun modo interferire con la sua personalità. Oggi il computer diviene esso stesso parte di quella personalità giacché interagisce costantemente con l'operatore, trasformandosi in soggetto attivo che opera attraverso una sorta di delega attribuitagli dall'individuo che lo usa, una sorta di "delega tecnologica" nel cui ambito il computer diviene libero di operare in condizioni di "autonomia" e, per certi versi, anche di "indeterminazione".

L'individuo operatore, infatti, per poter riappropriarsi della delega al fine di una eventuale modificazione degli ordini impartiti, ha bisogno di tempi pur ridotti, ma sempre estesi rispetto alla velocità operativa della macchina, che può quindi continuare ad agire, anche se per poco, in contrasto con i nuovi ordini che le vengono attribuiti.
Le nuove frontiere dell'informatica appaiono dunque caratterizzate da esaltanti sviluppi della conoscenza e delle capacità operative, ma non sono esenti da pericoli.
Fra l'altro, il taylorismo espresso dalla "organizzazione scientifica del lavoro" -- alienante nelle sue manifestazioni fisiche -- può riapparire questa volta in forma intellettuale, ancora più pericolosa in quanto incline a condizionare le capacità di discernimento dell'individuo e a renderlo schiavo del computer, che tende a diventare intelligente soltanto perché il soggetto umano -- l'altro componente della strana coppia -- cede a forme di nevrosi di fatto incontrollabili.
Così, è come se l'evoluzione del mondo si alternasse fra meravigliose conquiste tecnologiche e profonde preoccupazioni per i pericoli che possono sfuggire dal nostro dominio, proprio come succede all'apprendista stregone della favola messa in musica da Paul Dukas e brillantemente rappresentato da Topolino nell'indimenticabile film "Fantasia".

Ecco allora che per contrastare le incrostazioni mentali che l'uso e il frequente abuso degli strumenti della I.C.T. (Information and Comunication Technology) possono comportare, diviene necessario riscoprire il concetto di cultura come manifestazione di massima elevazione dello spirito umano, una cultura che deve andare oltre la semplice formazione professionale ponendosi in uno stato di complementarità rispetto a essa.

Una cultura integrale e perciò fortemente connotata da un umanesimo che sappia illuminare anche l'apprendimento scientifico e tecnologico. Una conoscenza quindi in grado di saldare la dicotomia che Charles Snow, nel 1959, attribuiva alle due culture -- quella umanistica e quella scientifica -- ma anche propositiva di una riunificazione della capacità del fare con le esaltanti potenzialità del sapere, in una sintesi che sappia restituire alla persona umana la sua naturale superiorità sulle macchine, rendendola ancora dominatrice non soltanto delle new e net economy, manifestazioni dirette delle nuove tecnologie, ma dello stesso mondo globale.